Ritengo
di dover dare uno spazio nel mio blog ad uno dei tanti
avvenimenti storici che può servire a dare
interpretazione degli sconvolgimenti che scelte politiche di tipo
centralistico, quindi contro i principi di autogoverno e
autodeterminazione che ritengo basilari per la nazione sarda, possono
contribuire ad innescare talvolta producendo risultati drammatici. Mi
riferisco in questo caso alla guerra delle tariffe con la Francia.
Non
sono uno storico e non mi avventuro in valutazioni ed interpretazioni
personali che potrebbero falsare la cronaca, mi limito a condividere
con voi un documento trovato in rete, di cui riporto il dettaglio in
questo post ma che allego integralmente nel link in fondo. Buona
lettura.
Un
avvenimento cruciale è la guerra doganale scatenatasi negli ultimi
decenni del XIX secolo tra Francia e Italia. L'ambizione di
quest'ultima nel darsi un profilo di potenza nel settore siderurgico
al pari delle nazioni più sviluppate d'Europa, convinse le sue
classi dirigenti a promuovere e proteggere la nascente industria
pesante, allora quasi totalmente localizzata nella parte
settentrionale della penisola. L'applicazione di forti tariffe nei
confronti dei prodotti dell'industria francese, con l'obiettivo di
limitarne l'importazione e piegarne la concorrenza, portò il governo
francese a rivalersi, con analoghi provvedimenti, sulla produzione
agricola italiana, principalmente proveniente dal Meridione, che vide
crollare nel giro di pochi anni le esportazioni al di là delle Alpi
del 70%. La Sardegna aveva da secoli un rapporto privilegiato con la
Francia, con il Midì francese e in particolar modo con Marsiglia,
approdo naturale del commercio sardo. Oltre ai tradizionali prodotti
agricoli come grano, vino e olio, la parte settentrionale dell'isola
aveva stabilito un lucroso traffico, specializzandosi
nell’esportazione del bestiame vivo, in particolare quello bovino,
che salpava alla volta dei porti mediterranei francesi da Porto
Torres. Il ricavo degli allevatori della Provincia di Sassari passò
dai 55 milioni del 1883 alle appena 408.000 lire di dieci anni dopo.
Gli effetti più immediati furono il crollo del sistema creditizio,
una forte emigrazione verso le Americhe e una recrudescenza del
banditismo, che si mostrò come fenomeno di larga scala negli anni
successivi (Del Piano et al. 1974, 240-287).
(La
guerra come strumento di emancipazione di un popolo. Il caso del
sardismo. A cura di Antonello Nasone. Pag. 74).
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