(Dal numero 1/2 Gennaio-Febbraio 2013 de L'Occhio del cittadino, mensile di informazione sestese)
Il
7 febbraio del 2012 la Giunta Regionale guidata da Ugo Cappellacci ha
deliberato per “l’attivazione di un regime doganale di zona
franca esteso a tutto il territorio regionale con perimetrazione
coincidente con i confini naturali dell’Isola di Sardegna e delle
sue isole minori”. Questo basterebbe a fare entrare nella storia di
tutti i sardi questa data. Ma i motivi per essere ricordata diventano
addirittura due, perché il Presidente della Regione e la sua
maggioranza, che ricordiamolo è formata anche dal Partito Sardo
d’Azione e dal partito dei Riformatori Sardi, hanno dimenticato di
raccontare la verità sul processo di partecipazione dal basso che ha
portato a quella delibera e perdipiù hanno deciso di non invitare il
vero protagonista degli eventi alla conferenza stampa che annunciava
il fatto e cioè il popolo sardo. Ancora una volta la politica
avrebbe voluto i meriti di una cosa che neanche ha mai dimostrato di
voler fare. L’incontro svoltosi a Sestu venerdì 8 febbraio
organizzato dal Movimento Artigiani e Commercianti Liberi, ha dato
una perfetta spiegazione dei fatti, svelando i soliti retroscena
della politica arrivista guidata da Roma, sostenuta purtroppo anche
da partiti che sfoggiano la loro sardità in Consiglio regionale come
i riformatori e i sardisti appunto. All’incontro, moderato da
Gianluca Argiolas, hanno partecipato l’avvocato Francesco Scifo, la
dottoressa Maria Rosaria Randaccio, dirigente in pensione
dell’Intendenza di Finanza, Giuseppe Marini e Giuseppe Carboni,
capolista alla camera nella lista Soberania. Durante il convegno è
stato sottolineato in maniera decisa come il Movimento Artigiani e
Commercianti Liberi abbia a Sestu il suo nucleo più forte e la sua
sede. Tre sestesi poi, Sandro Piga, Benedetto Soru e Carletto Ledda
sono tra i firmatari della diffida inviata dall'avvocato Scifo alla
Regione, all'Autorità Portuale di Cagliari e al Comune di Cagliari,
per la parte di loro competenza, a causa della carenza negli atti
amministrativi che servirebbero ad avviare l'attivazione della zona
franca causando un grave danno economico alla Sardegna (fra gli oltre
duecento comuni che hanno deliberato in attesa dei dovuti atti da
parte della Regione sarda, capolista Portoscuso, non figura il comune
di Cagliari, mentre il comune di Sestu con la delibera 74 del 24
novembre 2011 ha manifestato la sua volontà a favore
dell'istituzione dell'extra-territorialità doganale). E' importante
sottolineare, e questo è stato fatto benissimo da Giuseppe Carboni e
Giuseppe Marini durante il convegno, che la Regione sia stata
costretta a manifestare la volontà di istituire la zona franca
presso l'Unione Europea, da un blitz dei commercianti, unico nella
storia della Sardegna, nell'ufficio di presidenza presieduto da
Cappellacci, perchè già da tempo rifiutava di riceverli. L'ennesimo
rifiuto all'incontro promesso al Movimento, ha costretto un cambio di
strategia. L'ufficio è stato occupato e alcune persone hanno
addirittura passato la notte al suo interno, fino a che non si è
giunti all'incontro col Presidente. E' stato stilato un documento,
che a giorni dovrebbe essere inviato a Bruxelles per fare in modo che
la Sardegna venga inserita tra le zone franche del regolamento
doganale europeo. “Se Cappellacci dovesse mancare anche stavolta
all'appuntamento con la storia” sottolinea Carboni “ci prenderemo
comunque quello che ci spetta”. Tutto questo deve avvenire per
forza entro il termine perentorio del 24 giugno 2013, data in cui la
legge europea supererà l'articolo 87 della costituzione come
competenza, articolo che stabilisce il diritto della Sardegna ad
essere zona franca fiscale, così come la legge costituzionale 26
febbraio 1948 che ha approvato lo statuto speciale per la Sardegna e
l'importante decreto legislativo numero 75 del 1998, che raccoglie le
norme di attuazione per l'istituzione di zone franche nei porti di
Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in
tutti gli altri porti o aree a loro funzionalmente collegati. Da
questo si evince che la latitanza della politica ad un fondamento per
lo sviluppo della nostra terra è ormai pluridecennale, dal 1948,
anno in cui nel nostro statuto venne scritto che avere la zona franca
era ed è un nostro diritto. Latitanza verso semplici atti
amministrativi per affermare cose già scritte da tempo. Si evince
anche che la forza del popolo attraverso i movimenti ed attraverso la
spinta delle amministrazioni comunali, le istituzioni più vicine ai
cittadini, sia stata la vera promotrice di questa, si spera, svolta
epocale. Il popolo sardo sarà protagonista del suo cambiamento e non
i partiti, che rappresentano una caricatura della realtà. Anzi, la
vera guerra sarà da combattere dopo che la zona franca sarà
eventualmente istituita. Il suo controllo sarà affidato ad una
commissione, dalla quale a quanto pare si vorrebbe già escludere la
rappresentanza popolare. Il Movimento si sta battendo da subito per
fare in modo che un suo rappresentante venga inserito. L'intervento
della dottoressa Randaccio ha fatto un lungo escursus, sul percorso
che da oltre un anno la vede impegnata per fare in modo che la zona
franca diventi una realtà concreta. I cittadini intervenuti numerosi
nell'aula consiliare di via Scipione, hanno riconosciuto l'impegno
della dottoressa sottolineandolo più volte con lunghi applausi e
tanto calore nei suoi confronti alla fine del convegno. La dottoressa
ha inoltre illustrato alcuni dei vantaggi che la zona franca
porterebbe al territorio isolano: dalla diminuzione o completa
eliminazione di imposte come l'iva, alla riduzione delle accise sul
carburante, con ricadute evidenti sui consumi e sull'occupazione,
parlando dell'esempio delle città italiane di Livigno e Campione
d'Italia, le uniche zone franche italiane inserite nel regolamento
doganale europeo. La Sardegna potrebbe potenzialmente divenire la
meta più ambita di molti investitori nel Mediterraneo. La tutela
per i sardi verrebbe dal fatto che le società dovranno essere
partecipate da almeno un sardo che dovrebbe detenere non meno del 51
per cento della proprietà. Importante per rovesciare il nostro
status di sottoposti sempre e comunque.