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martedì 5 marzo 2013

ULTIMO TRENO PER LA ZONA FRANCA FISCALE IN SARDEGNA.

(Dal numero 1/2 Gennaio-Febbraio 2013 de L'Occhio del cittadino, mensile di informazione sestese)

Il 7 febbraio del 2012 la Giunta Regionale guidata da Ugo Cappellacci ha deliberato per “l’attivazione di un regime doganale di zona franca esteso a tutto il territorio regionale con perimetrazione coincidente con i confini naturali dell’Isola di Sardegna e delle sue isole minori”. Questo basterebbe a fare entrare nella storia di tutti i sardi questa data. Ma i motivi per essere ricordata diventano addirittura due, perché il Presidente della Regione e la sua maggioranza, che ricordiamolo è formata anche dal Partito Sardo d’Azione e dal partito dei Riformatori Sardi, hanno dimenticato di raccontare la verità sul processo di partecipazione dal basso che ha portato a quella delibera e perdipiù hanno deciso di non invitare il vero protagonista degli eventi alla conferenza stampa che annunciava il fatto e cioè il popolo sardo. Ancora una volta la politica avrebbe voluto i meriti di una cosa che neanche ha mai dimostrato di voler fare. L’incontro svoltosi a Sestu venerdì 8 febbraio organizzato dal Movimento Artigiani e Commercianti Liberi, ha dato una perfetta spiegazione dei fatti, svelando i soliti retroscena della politica arrivista guidata da Roma, sostenuta purtroppo anche da partiti che sfoggiano la loro sardità in Consiglio regionale come i riformatori e i sardisti appunto. All’incontro, moderato da Gianluca Argiolas, hanno partecipato l’avvocato Francesco Scifo, la dottoressa Maria Rosaria Randaccio, dirigente in pensione dell’Intendenza di Finanza, Giuseppe Marini e Giuseppe Carboni, capolista alla camera nella lista Soberania. Durante il convegno è stato sottolineato in maniera decisa come il Movimento Artigiani e Commercianti Liberi abbia a Sestu il suo nucleo più forte e la sua sede. Tre sestesi poi, Sandro Piga, Benedetto Soru e Carletto Ledda sono tra i firmatari della diffida inviata dall'avvocato Scifo alla Regione, all'Autorità Portuale di Cagliari e al Comune di Cagliari, per la parte di loro competenza, a causa della carenza negli atti amministrativi che servirebbero ad avviare l'attivazione della zona franca causando un grave danno economico alla Sardegna (fra gli oltre duecento comuni che hanno deliberato in attesa dei dovuti atti da parte della Regione sarda, capolista Portoscuso, non figura il comune di Cagliari, mentre il comune di Sestu con la delibera 74 del 24 novembre 2011 ha manifestato la sua volontà a favore dell'istituzione dell'extra-territorialità doganale). E' importante sottolineare, e questo è stato fatto benissimo da Giuseppe Carboni e Giuseppe Marini durante il convegno, che la Regione sia stata costretta a manifestare la volontà di istituire la zona franca presso l'Unione Europea, da un blitz dei commercianti, unico nella storia della Sardegna, nell'ufficio di presidenza presieduto da Cappellacci, perchè già da tempo rifiutava di riceverli. L'ennesimo rifiuto all'incontro promesso al Movimento, ha costretto un cambio di strategia. L'ufficio è stato occupato e alcune persone hanno addirittura passato la notte al suo interno, fino a che non si è giunti all'incontro col Presidente. E' stato stilato un documento, che a giorni dovrebbe essere inviato a Bruxelles per fare in modo che la Sardegna venga inserita tra le zone franche del regolamento doganale europeo. “Se Cappellacci dovesse mancare anche stavolta all'appuntamento con la storia” sottolinea Carboni “ci prenderemo comunque quello che ci spetta”. Tutto questo deve avvenire per forza entro il termine perentorio del 24 giugno 2013, data in cui la legge europea supererà l'articolo 87 della costituzione come competenza, articolo che stabilisce il diritto della Sardegna ad essere zona franca fiscale, così come la legge costituzionale 26 febbraio 1948 che ha approvato lo statuto speciale per la Sardegna e l'importante decreto legislativo numero 75 del 1998, che raccoglie le norme di attuazione per l'istituzione di zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in tutti gli altri porti o aree a loro funzionalmente collegati. Da questo si evince che la latitanza della politica ad un fondamento per lo sviluppo della nostra terra è ormai pluridecennale, dal 1948, anno in cui nel nostro statuto venne scritto che avere la zona franca era ed è un nostro diritto. Latitanza verso semplici atti amministrativi per affermare cose già scritte da tempo. Si evince anche che la forza del popolo attraverso i movimenti ed attraverso la spinta delle amministrazioni comunali, le istituzioni più vicine ai cittadini, sia stata la vera promotrice di questa, si spera, svolta epocale. Il popolo sardo sarà protagonista del suo cambiamento e non i partiti, che rappresentano una caricatura della realtà. Anzi, la vera guerra sarà da combattere dopo che la zona franca sarà eventualmente istituita. Il suo controllo sarà affidato ad una commissione, dalla quale a quanto pare si vorrebbe già escludere la rappresentanza popolare. Il Movimento si sta battendo da subito per fare in modo che un suo rappresentante venga inserito. L'intervento della dottoressa Randaccio ha fatto un lungo escursus, sul percorso che da oltre un anno la vede impegnata per fare in modo che la zona franca diventi una realtà concreta. I cittadini intervenuti numerosi nell'aula consiliare di via Scipione, hanno riconosciuto l'impegno della dottoressa sottolineandolo più volte con lunghi applausi e tanto calore nei suoi confronti alla fine del convegno. La dottoressa ha inoltre illustrato alcuni dei vantaggi che la zona franca porterebbe al territorio isolano: dalla diminuzione o completa eliminazione di imposte come l'iva, alla riduzione delle accise sul carburante, con ricadute evidenti sui consumi e sull'occupazione, parlando dell'esempio delle città italiane di Livigno e Campione d'Italia, le uniche zone franche italiane inserite nel regolamento doganale europeo. La Sardegna potrebbe potenzialmente divenire la meta più ambita di molti investitori nel Mediterraneo. La tutela per i sardi verrebbe dal fatto che le società dovranno essere partecipate da almeno un sardo che dovrebbe detenere non meno del 51 per cento della proprietà. Importante per rovesciare il nostro status di sottoposti sempre e comunque.