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venerdì 30 gennaio 2015

L'UNIONE SARDA E "UNA CERTA IDEA DEGLI INSEGNANTI SARDI"...

Pubblico con molto piacere nei "miei" spazi l'intervento di Antonello Greco amico e stimato cittadino sestese, sulla scuola sarda.

Antonello Greco (foto-facebook)

Egregio Direttore,
non è la prima volta che scrivo al giornale, l'ultima, in ordine di tempo, per elogiare L'Unione sarda e riflettere sul tema delle statue di Mont’e Prama. In questa occasione, però, lo faccio, da insegnante, in maniera preoccupata: nelle ultime settimane, con puntuale regolarità, sono stati pubblicati con ampio risalto articoli sulla Scuola sarda e vorrei qui segnalare la sequenza di tre di essi, inerenti le statistiche secondo le quali: 1) gli insegnanti sardi sono quelli che si assentano maggiormente in Italia per motivi di salute (e la cosa, ahimè, mi riguarda direttamente); 2) gli studenti sardi fanno registrare le più elevate percentuali in Italia di abbandoni scolastici; 3) gli studenti sardi fanno registrare le peggiori performances in Italia nelle (famigerate) prove Invalsi. L’ovvio filo rosso comune è portare attenzione sulle condizioni della Scuola sarda, svolgendo il doveroso e irrinunciabile dovere di informazione che compete ad un quotidiano “indipendente”, però... a voler ragionare all’insegna dell’andreottiano “a pensar male spesso...” può sovvenire dubbiosamente un’altra interpretazione: sotterraneamente non si vorrà per caso far passare il deleterio sospetto della responsabilità degli insegnanti sardi in questo quadro così negativo? Si vuole proporre all’attenzione del cittadino/lettore medio un’opera di intenzionale discredito sociale nei confronti degli insegnanti? Esistono in tal senso nefasti precedenti, purtroppo, anche a livello di Governi nazionali... Proprio per superare quei dati percentuali “da paura” di tutto ha bisogno l’Istruzione (maiuscola) in Sardegna tranne che di aleggiare discredito verso la categoria degli insegnanti che, nella stragrande maggioranza dei casi, lavorano in condizioni autenticamente “eroiche”: chi insegna, in Sardegna, deve mettere in conto chilometraggi di guida da far invidia agli autisti dell’Arst solo per raggiungere le sedi di servizio con la propria auto (impensabile nell’Isola raggiungere le sedi scolastiche con l’ausilio dei soli mezzi pubblici...), per poi – solo allora – “calarsi” nella propria professione docente (oggi, tra l'altro, spesso “deviata” e svilita verso meri adempimenti burocratici che nuocciono all’autentica e concreta didattica), spesso a contatto con situazioni educative, comportamentali e sociali oserei dire “di frontiera”... E allora perché non fare almeno un minimo riferimento al fatto che si tratta della categoria professionale statisticamente più esposta al cosiddetto effetto “burn out”, ovvero, più prosaicamente, l’esaurimento nervoso? Oppure, se c’è da “infierire”, perché non farlo in merito ai recenti provvedimenti circa i (cosiddetti) “contributi per il diritto (?) allo studio” riservati agli studenti di solo alcuni indirizzi di studio? O la lotta che spesso le famiglie devono affrontare per il diritto all’insegnante di sostegno nonostante la tanto millantata “Scuola dell’inclusione”. Ben venga, infine, la denuncia pubblica sulla paradossale frutta spagnola nella nostre Scuole sarde…
Antonello Greco, insegnante – Sestu 

domenica 25 gennaio 2015

FRUTTA NELLE SCUOLE: CI RISIAMO.

Ho già scritto del progetto comunitario "Frutta nelle scuole" (link all'articolo). L'argomento per me ha una valenza importantissima, quindi sono costretto a ribadire quello che penso e a raccontarvi quello che succede nelle nostre scuole. Non tutti lo sanno. Neanche gli amministratori. "Frutta nelle scuole" è un progetto multimilionario (i particolari nel link dell'articolo in alto), con cui l'Unione Europea e il Ministero delle Politiche Agricole, Forestali Ambientali (MIPAF http://www.fruttanellescuole.gov.it/), vogliono favorire il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini. Questo è giustissimo. Le modalità con cui questo viene fatto, ritengo siano, non solo sbagliate e fuorvianti per i nostri figli, ma anche dannose per l'ambiente.
Questa è la confezione di frutta che mio figlio ha di recente portato a casa.
Frutta tagliata in Spagna, dove le condizioni normative permettono anche coltivazioni transgeniche, confezionata a Lecco qualche giorno dopo (la data di confezionamento è il 13 gennaio), recapitata il 22 gennaio, quindi quasi due settimane dopo il taglio. Alcune mie riflessioni di seguito.
L'uva non è frutta di stagione a gennaio. Le condizioni in cui si presentava non ne permettevano ormai il consumo (http://www.ilfattoalimentare.it/frutta-nelle-scuole-fallimento.html). La consegna avviene in porzioni con imballo in plastica, che aumenta i costi di smaltimento dei rifiuti del nostro comune. I produttori non solo non sono sardi, ma neanche italiani. Domanda. E' giusto favorire il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini a queste condizioni? (http://www.ilfattoalimentare.it/frutta-nelle-scuole-un-progetto-fallimentare-che-ha-coinvolto-migliaia-di-studenti-che-senso-ha-dare-due-porzioni-al-giorno.html) Frutta avariata, che percorre migliaia di km prima di arrivare sulle nostre tavole, il tutto finanziato con soldi pubblici? Io mi oppongo fortemente a questo progetto. I dirigenti possono decidere se aderire o meno, anche senza informare le amministrazioni comunali.
Questa è una foto della frutta e della verdura che stamattina in pochi minuti ho tagliato dal mio orto.
Coltivata senza concimi chimici, diserbanti e fitofarmaci. Trasportata con la bicicletta. Quanti produttori certificati abbiamo nel nostro paese che possono fare questo servizio per le scuole? Frutta o verdura fresca, di stagione, locale, senza imballo e di alta qualità. Un messaggio di sostenibilità per i nostri figli tutto sestese. Perchè non lo facciamo domani mattina? Ci lamentiamo che il lavoro ci viene "soffiato" dagli stranieri e poi coi soldi pubblici facciamo in modo che prodotti agricoli spagnoli di pessima qualità, vengano mangiati dai nostri figli. Se fossi agricoltore oggi sarei ancora più arrabbiato del solito. Se le competenze amministrative servono a produrre queste storture, ribadisco il concetto del sindaco laureato (http://fabiousala.blogspot.it/2015/01/un-sindaco-donna-e-laureato-no-un.html). Io voglio che il ministro per l'agricoltura sia un agricoltore e lo voglio subito. 






giovedì 22 gennaio 2015

Un sindaco donna e laureato? No, un sindaco donna e basta!

Il 20 dicembre scrissi su FB “I tempi sono maturi perchè il nostro paese abbia un sindaco donna”. Oggi un articolo de L'Unione Sarda conferma quel mio pensiero. Lo fa però in modo alquanto curioso. Viene citato un sondaggio a cui in questo momento hanno partecipato appena 50 persone, di cui non abbiamo certezza nemmeno sul fatto che siano sestesi (non sono esperto, magari esistono dei filtri per far votare solo gli indirizzi IP sestesi!?!). Ad occuparsi del sondaggio è la ditta Ablativ, molto vicina all'amministrazione di centro sinistra guidata da Aldo Pili. La società ha realizzato il sito web istituzionale del comune di Sestu, ne cura il piano editoriale e di recente ha vinto la gara per la realizzazione del set open data sulla trasparenza dell'attività amministrativa (valore 8 mila euro iva esclusa). Il sondaggio pone otto quesiti (link al sondaggio). Tra le risposte in evidenza c'è appunto l'80% che chiede una donna come sindaco e il 63% che chiede un sindaco  laureato. Sul sindaco laureato nutro qualche perplessità. Premetto che ho tanti amici “dottori” molto in gamba ed intelligenti, quindi lungi da me diffidare in genere della laurea. Per dieci anni abbiamo avuto un sindaco laureato, revisore dei conti, a cui è passato sotto il naso il crack della farmacia comunale senza che si accorgesse praticamente di niente, nonostante i documenti contabili “parlassero” chiaro da diversi anni. Si è dovuti arrivare ad un ulteriore indebitamento e si è dovuto chiedere ai dipendenti di rinunciare a parte del loro stipendio per cercare di scongiurare misure più drastiche come il licenziamento per far destar il bell'addormentato. La laurea non è quindi sempre una garanzia di buoni risultati. Il punto quindi è un altro. La politica può e deve essere di tutti: laureati, diplomati, operai, disoccupati, casalinghe, mamme e papà. Il guazzabuglio di personaggi che la televisione ci presenta davanti oggi mi suggerisce di pensare, che oltre a volerlo donna, vorrei che fosse onesto. Ma pensando ad una donna, mi vengono in mente mia mamma e mia moglie, quindi la sensibilità, la dolcezza, la comprensione, la capacità organizzativa nel gestire la casa, i figli, il marito. Non penserei di certo alla laurea, ma votando una donna avrei comunque di sicuro un sacco di ottime caratteristiche implicite di quell'universo. Un sindaco donna sarebbe un ottimo risultato per Sestu. Le competenze si acquisiscono con la pratica e visti i risultati dei soliti noti, gran parte delle cittadine di Sestu potrebbero tranquillamente fare meglio. Chiudo dicendo che mi incuriosisce sapere perchè L'Unione decide di pubblicare un simile articolo. Quale è il valore giornalistico? Quale è il valore statistico? Penso che in realtà sia un messaggio per i sestesi. "Preparatevi perchè la vera notizia deve ancora arrivare! Abbiamo trovato quello che chiede il sondaggio! A pensar male si fa peccato, però talvolta ci si azzecca.