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venerdì 19 dicembre 2014

RIFLESSIONI SULLE STATUE DI MONT'E PRAMA NELL'ATTUALE SOCIETA' SARDA.

Pubblico con molto piacere le acute riflessioni, apparse anche ne L'Unione Sarda del 18 dicembre 2014, dell'amico Antonello Greco sui cosiddetti "Giganti di Monte'e Prama". Lo faccio prima di tutto perchè reputo il dott. Greco persona e tecnico meritevole di stima assoluta. Il suo grande impegno in campo archeologico a favore della nostra comunità non ha forse goduto, fino ad oggi, dello spazio e dell'attenzione che merita. Lo faccio, poi, perchè mi trovo d'accordo con le sue stesse riflessioni. L'onnipresenza dei Quattro Mori in ogni contesto in cui i sardi sono presenti, significa, che con la giusta guida e coordinamento politico, ma non solo, i beni identitari sardi, possono tranquillamente diventare veicolo di promozione e ricchezza, sia culturale che economica, per la nostra nazione, la Sardegna.

Domenica 7 dicembre scorso, valorizzando le “Domeniche al museo” promosse dal Mibact ho potuto per la prima volta osservare le statue di Mont’e Prama nell’attuale, suggestiva, esposizione al Museo archeologico di Cagliari: aveva, finora, ritardato la mia visita una certa personale idiosincrasia per l’abusata definizione di “giganti”, che trovo volutamente “mediatica” e capziosa (basti pensare, dalla tradizionale denominazione di “tombe di giganti” quali e quante fioriture recenti in tema di “isola di giganti”…), tra l’altro neanche corrispondente al vero su un piano dimensionale... Vorrei, invece, soffermarmi su una dimensione sociologica di piena attualità. Domenica sera, una fredda sera di dicembre, il Museo era piacevolmente pieno (certo, era gratis, ma rappresenta in ogni caso un successo, una evidente volontà di conoscenza): la curiosità, l’attenzione, l’interesse, “l’affetto” per gli eroi di pietra erano assolutamente tangibili, inter-generazionali e inter-sociali. Ciò significa dunque che l’approccio mediatico – perseguito anche attraverso la denominazione di “giganti” – ha colto nel segno; e in questo L’Unione sarda con la qualità e la quantità del battage sull’argomento ha senza dubbio un enorme merito. Però, a mio avviso, c’è di più. Si percepisce la volontà, e l’esigenza, diffusa della gente sarda di riconoscersi in un simbolo concreto del proprio passato, ovvero una dimensione identitaria, senza necessariamente prendere la deriva autonomista, indipendentista, sovranista, nazionalitaria o quant’altro (per tacere del presunto “complottismo” circa l’occultamento dei reperti…). Insomma un nuovo-antico simbolo che si associ immediatamente agli amati quattro mori nel connotarci in quanto Sardi e che possa e debba essere valorizzato a tutti i livelli, ovviamente anche istituzionali, nella promozione dell’immagine dell’Isola (possibilmente senza arrivare agli eccessi calabresi dei Bronzi di Riace “animati” in un noto spot pubblicitario di qualche tempo fa…). E in proposito mi sorge un quesito di tipo storico: essendo le statue eroiche di Mont’e Prama un prodotto della civiltà nuragica, ed essendo indubitabilmente la Sardegna l’unica terra che ha espresso la civiltà nuragica in quanto tale, nonostante l’incredibile apporto socio-culturale di Giovanni Lilliu con le sue battaglie sostenute in Consiglio Regionale, le generazioni di politici che si sono avvicendati negli oltre sessant’anni della Regione Autonoma della Sardegna quanto hanno capito, sostenuto e promosso le potenzialità del binomio Sardegna-civiltà delle torri? La mia “datata” esperienza Erasmus a Barcellona mi porta a pensare che con un simile patrimonio i Catalani ne avrebbero fatto un simbolo identitario pressoché onnipresente e degnamente “monetizzato”…

Antonello Greco, insegnante e archeologo – Sestu

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