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giovedì 8 novembre 2012

APPUNTI DI VIAGGIO:DALLA PLANARGIA AL MARGHINE.

La Sardegna è una terra stupenda, all’interno dei suoi confini sono custoditi tanti tesori archeologici e culturali alcuni di questi ancora da scoprire e da esplorare. Parlare poi delle sue bellezze paesaggistiche e naturali in termini di paradisi è ormai superfluo. La sua gente, o meglio, il popolo sardo deve diventare consapevole di possedere questo valore aggiunto territoriale. I sardi e solo loro dovranno essere i protagonisti dell’utilizzo di quelle che sono le potenzialità di questa terra in termini di sviluppo, occupazione e prosperità futura . Godere di una settimana di ferie in un periodo “alternativo” come la fine di marzo può diventare una bella fortuna! Come altrettanto fortunoso potrebbe diventare una settimana di sole in mezzo a tanti giorni di vento, pioggia e nubi. Io insieme alla mia famiglia in un’unica soluzione ho approfittato di tutto quello che ho scritto sinora: i tesori della Sardegna, le sue bellezze naturalistiche e la settimana di ferie a fine marzo! Bosa rappresenta la capitale estiva della Planargia. Nel periodo dei “bagni” arrivano i sardi da tutto il circondario. Giungendo nel suo territorio dalla provinciale che la collega a Macomer, l’altopiano ce la presenta nella vallata in tutto il suo fascino dando risalto al suo centro storico medioevale multicolore. Il castello dei Malaspina dal colle di Serravalle la sovrasta, rendendo la sua atmosfera ancora più suggestiva. La completa pedonalizzazione del centro storico è praticamente fallita, possiamo quindi giungere al nostro alloggio ai piedi del castello in macchina. I proprietari del B&B più economico che abbiamo trovato non sono sardi, hanno abbandonato la loro vita nel Nord Italia per vivere in tranquillità qui in Sardegna, in un piccolo paese. Lo stabile è completamente ristrutturato. Un’alta torre con tre stretti piani incredibilmente accoglienti. Che siano “continentali” a quanto pare è quasi normale, nel senso che il patrimonio immobiliare bosano sembra essere in vendita per almeno un 20 per cento, faccio questa stima rendendomi conto del numero di cartelli “vendesi” in giro per il paese! Degli acquirenti molti sono “italiani”. Questo particolare ha probabilmente portato alla nascita a Bosa di uno dei primi “alberghi diffusi” (ancora decisamente cari), la tecnica di accoglienza che prevede l’utilizzo delle case sparse e non delle classiche camere d’albergo. La scelta di questo B&B è stata effettuata dopo un’accurata ricerca su internet. La preferenza iniziale era ricaduta su un altro che utilizzava il metodo del baratto (anche un chilo di limoni era sufficiente) per pagare l’accoglienza offerta. Un'altra famiglia di continentali che abitava ormai stabilmente a Bosa col piccolo figlio, ma che ormai non offriva più il servizio, utilizzato più che altro per incontrare la gente ed avere dei piacevoli scambi culturali. La costruzione del castello dei Malaspina risale al XIII secolo e appartiene a quella serie di fortificazioni realizzate dagli aragonesi in seguito alla concessione della Sardegna come feudo da parte di Papa Bonifacio VIII. In seguito gli abitanti della Bosa vetus si trasferirono dalla zona della chiesa di San Pietro sotto le sue mura per avere protezione, costituendo il borgo tardo medioevale de “sa Costa”. All’interno delle mura dei marchesi Malaspina originari della Lunigiana è custodita la chiesetta di Nostra Signora de Sos Regnos Altos del XIV secolo al cui interno è presente un ciclo di affreschi di scuola spagnola ottimamente conservato. Il centro medioevale di Bosa è accessibile solo a piedi. In certi casi le stradine diventano dei cunicoli in cui non è possibile nemmeno allargare le braccia. Le ristrutturazioni multicolore hanno reso lo scenario decisamente accattivante e divertente, per niente inopportuno. Si va dal giallo al verde, dal rosso al blu, in barba alle regole sui colori presenti ad esempio a Sestu. Importante la testimonianza lasciata dalle vecchie concerie bosane, anche se oggi sembrano in parte solo dei ruderi, come la gran parte dei beni identitari in Sardegna (vedi ad esempio le cantoniere). Importantissime sin dalla metà dell’ottocento. Oltre all’altissimo impatto ambientale della lavorazione inizialmente effettuata con lo sterco dei cani e con additivi deodoranti e successivamente con i tannini di cui ha pagato le spese il fiume Temo, le concerie rappresentano una delle prime organizzazioni industriali moderne, grazie alla concentrazione del potere in poche imprese. Inizialmente 28, fino a diventare 1 sola nel 1950. La Sanna Mocci risultò la più attrezzata a proseguire gli intensi scambi commerciali dell’ottocento con l’Italia ma non solo. Gli operai bosani si imposero per la produzione della “vacchetta” un’ottima qualità di cuoio. Il periodo di splendore delle concerie fu interessato anche dai primi moti operai, fu creata la Società Operaia di Mutuo Soccorso e nel 1902 fu organizzato il primo sciopero. L’impresa Mocci Marras, forte in quel periodo, licenziava gli operai che non compravano nei suoi spacci. Il clima era proprio quello della rivoluzione industriale inglese e la reazione dei lavoratori delle concerie era dovuto anche alle tremende condizioni di lavoro. Nel 1989 le concerie diventano monumento nazionale anche se dell’antico splendore e dell’enorme giro d’affari e posti di lavoro sono rimasti solo gli edifici ottocenteschi sulla riva sinistra del Temo come un sinistro monito. La globalizzazione e il boom industriale travolgono l’economia bosana e la distruggono. Oggi un passo indietro per recuperare le economie locali che lavoravano su bassa scala sarebbe forse opportuno per rimediare allo sfacelo del moderno capitalismo fatto di rapina. Una critica al marzo bosano è giusto però farla. Non è sicuramente il periodo del boom turistico, però è risultato problematico trovare un posto per cenare. Estremamente negativa poi, l’accoglienza data ai turisti (c’erano diverse comitive straniere in giro per il paese) dagli operatori del castello dei Malaspina. Il biglietto è stato pagato per intero (otto euro a testa), ma sfortuna ha voluto, che la nostra passeggiata venisse accompagnata dal rumore dei tosaerba e dal fumo provocato dai falò dell’erba tagliata e accatastata al centro della fortezza. Lasciamo Bosa e la Planargia per addentrarci nel Marghine, il cui centro più importante è Macomer. Capitiamo per caso in località Sant’Antonio e seguendo i cartelli abbiamo la fortuna di visitare il villaggio nuragico “Tamuli”, unico nel suo genere in Sardegna. Tutto in una volta si può infatti ammirare una tomba dei giganti con diversi monoliti (betili) raffiguranti il sesso femminile e quello maschile ed uno splendido complesso nuragico, il tutto immerso nello scenario desolato del Monte Sant’Antonio, tipico della macchia mediterranea sarda, battuto da un vento continuo che rende il tutto più suggestivo. La tappa successiva alle fonti Siete Fuentes, ci lascia l’amaro in bocca. L’unico albergo della zona ci sbatte la porta in faccia perché il venerdì (era appunto venerdì) coincide col giorno di chiusura infrasettimanale. La zona delle fonti ha una parvenza di estremo abbandono. Sulla zona insiste poi una struttura (un albergo a quanto pare) in completo degrado e abbandono, all’interno addirittura la mobilia è accatastata e completamente distrutta. Attorno, ancora più incredibile, due depandances, hanno il tetto in ethernit in frantumi, i cui cocci si trovano nel percorso dell’acqua di San Leonardo che finisce nelle tavole di molti sardi. Questo scenario ci lascia sbigottiti, ma conferma ancora di più, che il più delle volte parlare di turismo e ambiente è solo un modo come un altro per riempirsi la bocca solo di parole. Il nostro breve ma intenso viaggio termina a Santu Lussurgiu situato all’interno di un cono vulcanico spento da più di un milione di anni, ai confini con il Logudoro. Una tappa in un altro B&B accogliente e ricco di storie. “La casa del poeta”, questo è il suo nome, è stata la residenza di Giovanni Corona, grande scrittore sardo dei primi del ‘900 che interessò critici e scrittori di tutta Italia. Tutta la sua opera è ora raccolta in due volumi: Richiamo d’amore e Sassi della mia terra. Nel B&B è possibile visitare un piccolo museo dell’artista, in cui la nipote che ha ereditato tutto, ha voluto condividere parte dei ricordi e delle opere dello zio. Il nostro viaggio è concluso. Mi viene da dire che la Sardegna è splendida perché splendida è la sua gente ed incontrarla riempie il cuore, tante sono le storie che custodisce e vale la pena di conoscere. Il turismo in terra di Sardegna non ha bisogno di grosse strutture o grandi investimenti di sceicchi miliardari, bisognerebbe solo che noi sardi mettessimo a disposizione di tutti, i nostri patrimoni culturali, storici e ambientali, che in gran parte risultano ancora inaccessibili o in completo degrado. E’ necessario riscoprire e valorizzare la nostra identità prima che ci sfugga tra le dita. Giovanni Corona scriveva:”La pioggia e il vento vivono solo nelle strade del mio paese” e ancora ”Un viaggiatore che parte va incontro al vento, va incontro alle onde alla ricerca di nuove sponde”. Fabio Usala

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